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CARLO ALBERTO PRATESI:  “Sostenibile significa fare più degli altri“

5 Mar, 2022 | Interviste

Carlo Alberto Pratesi e la sostenibilità

Carlo Alberto Pratesi è professore di Marketing, innovazione e sostenibilità all’università Roma Tre. E’ inoltre consulente per importanti aziende italiane ed ha ricoperto la carica di Presidente della Commissione Startup della Regione Lazio. 

Tiene conferenze sul marketing e l’innovazione in Italia e all’estero. E’ editorialista del Corriere della Sera e autore di più di 130 pubblicazioni scientifiche sul marketing, innovazione e sostenibilità.

In questo periodo sembra che tutti usino la parola green o sostenibile per parlare dei propri prodotti. Ma questi aggettivi sono veramente utiizzati in modo appropriato? Quando possiamo parlare di Greenwashing? Ho voluto quindi chiedere a un esperto del settore i suoi punti di vista sull’argomento e sulle possibili evoluzioni future.

Si parla molto di Greenwashing in questo momento. Secondo lei come possiamo realmente evitare di essere ingannati?

“Ci sono tre livelli di Greenwashing che possiamo elencare. 

1: La frode. Quando per esempio un’azienda dichiara che un prodotto è bio, carbon neutral o zero plastica, ma non lo è. In questi casi l’unico modo per difenderci dall’inganno è verificare le effettive certificazioni. Oppure quando si dichiara l’assenza di un ingrediente (per esempio l’olio di palma) che comunque non è previsto nella formulazione dei prodotti di quella categoria.

2: L’inganno, ossia quando l’azienda dichiara, per esempio, che i suoi prodotti non contengono plastica o proteine animali, ma non è quello ciò che rende realmente sostenibile quella merceologia. Se per esempio produco un bagnoschiuma e ti dico che il mio packaging è sostenibile, ma la criticità è data dagli ingredienti utilizzati per il sapone che non dovrebbero finire nelle acque di scarico, sto dicendo una cosa vera ma non è rilevante. Per difendersi, il consumatore dovrebbe essere informato su quali sono le variabili realmente critiche (in termini di impatto) per ogni categoria merceologica.

3: Riguardano quelle attività che una volta potevano sembrare meritorie, ma ora non lo sono più. Se per esempio un’azienda che produce batterie al litio mi dice che dona una parte del ricavato per finanziare delle scuole in Africa, è sicuramente una bella azione. Ma come ha costruito le sue batterie quest’azienda? Il litio che ha comprato genera un sacco di problemi, ha controllato che gli operai siano protetti nel giusto modo e che il territorio dove viene estratto non venga danneggiato? A me quello interessa. Non basta la filantropia fine a sé stessa”

Quando un’azienda si può dichiarare green o sostenibile?  

“Le aziende sono green se rispetto agli altri concorrenti del loro specifico settore fanno qualcosa in più rispetto a quello che la legge prevede. Se per esempio io produco una marmellata senza coloranti e la legge li vieta a priori, non sto facendo nulla di sostenibile. Un’azienda si può dichiarare sostenibile quando non solamente rispetta le norme, ma fa qualcosa di rilevante nel suo settore. Allora il consumatore può effettivamente apprezzare e valorizzarne l’impegno verso la sostenibilità.“ 

Quali sono le linee guida da seguire quindi?

“Come dicevo ogni categoria deve ragionare su quali sono gli ambiti in cui deve investire per dichiararsi sostenibile. Ma non possono essere le aziende a decidere tutto, deve essere lo Stato a dare le linee guida. Per esempio: posso dimostrare che l’auto elettrica effettivamente è migliore di quella a combustione, e quindi chi produce auto elettriche è più sostenibile rispetto a chi produce auto tradizionali. Ma il problema potrebbe essere che è l’auto ad uso privato in sé a non essere sostenibile. Se usassimo di più i mezzi pubblici e meno le auto private le cose sarebbero diverse. Gli autobus sono lenti? Certo perchè ci sono troppe macchine in giro. I produttori di macchine elettriche possono spingersi a fare il meglio per la propria categoria ma è la società, rappresentata dallo Stato, che deve dare delle regole generali. Alcune aziende petrolchimiche si presentano come “sostenibili” perché effettivamente hanno delle performance migliori dei concorrenti diretti, ma il problema è che tutto il comparto dei carburanti fossili non è sostenibile.”

Lavorando su questo progetto mi sono resa conto di quanto sia difficile  prendere delle scelte per raggiungere la massima sostenibilità e al tempo stesso mantenere l’efficacia del prodotto. Cosa si deve privilegiare?

“Se fai un detersivo per il bucato sostenibile ma è meno performante del detersivo normale, allora la gente ne usa maggiori quantità o aumenta la temperature della lavatrice, o addirittura lava il bucato due volte. A quel punto il vantaggio della sostenibilità viene completamente cancellato. Bisogna tenere in considerazione tutti gli aspetti, e trovare la combinazione più equilibrata mantenendo le performance”. 

Inevitabilmente la plastica continuerà a essere prodotta perchè necessaria per molte cose. Lei afferma che quindi la grande questione riguarda decidere cosa è essenziale e valutare caso per caso.

“Sì secondo me la prima domanda da porsi è: ha veramente senso fare questo prodotto? A me non importa se offri il finger food in contenitori di bambù anziché in plastica, che poi magari il bambù lo coltivi in modo del tutto insostenibile. E’ il finger food come concetto che dovrebbe essere eliminato. E lo stesso vale per l’abbigliamento, il fast fashion. Magari compri una maglietta in cotone biologico, ma la metti una volta perchè hai l’armadio che straripa di vestiti, ma che senso ha?“.

Quali sono gli esempi più intollerabili di non sostenibilità che vede tutti i giorni?

Ci sono delle situazioni allucinanti, tipo i pomodorini pachino venduti in un cofanetto di plastica che pesa più dei pomodorini, o chi usa il Suv solo per andare a prendere i figli a scuola. Anche se hai il Suv più ecologico del mondo, quello che mi chiedo è: ma veramente hai bisogno del Suv?

Cosa ne pensa delle bioplastiche? 

“Le bioplastiche sono un’ottima innovazione, ma bisogna tenere in considerazione che in certi casi possono creare altri problemi: non possono finire nella raccolta della plastica, vanno nelle discariche ma necessitano di tempo per decomporsi, non è certo questione di un mese. Quindi è sempre bene chiedersi a monte se serve davvero quel prodotto o se non si possa eliminarlo del tutto. Ci sono delle situazioni controverse dove si pensa di fare la cosa giusta ma non la si sta facendo”.

Sostenibilità e energia

Lei ha scritto “Il cibo perfetto”, un libro su alcuni dilemmi e paradossi che riguardano le nostre scelte di acquisto quotidiane. C’è un esempio che vorrebbe tutti conoscessero?

Sì, vedi il problema è che molto dipende anche dal nostro comportamento e dalle conoscenze che abbiamo. Ti cito l’esempio della pasta: noi italiani la mangiamo praticamente tutti i giorni ma non pensiamo all’impatto ambientale che può avere il tempo di ebollizione. Per quanto il produttore abbia fatto di tutto per essere sostenibile, il fatto che tu non metta il coperchio sulla pentola o lasci l’acqua cinque minuti in più a bollire prima di buttare la pasta, rende nullo qualunque sforzo. Alcuni dicono che addirittura sia meglio metterla a cucinare nella padella direttamente con il sugo.”

Cosa consiglia per riuscire ad essere sostenibili?

“Per nessuno è facile ma è giusto che tutti inizino a pensare come possiamo di fare di meglio, la perfezione non può esistere. Essere ecologici al 100% è un’utopia: non dovresti  avere figli, né tantomeno un cane… ma dobbiamo comunque pur vivere dignitosamente no? Bisogna quindi trovare tra i tanti possibili stili di vita, quello che sia oggettivamente più sostenibile.”